Vi racconto una cosa che mi è successa in questi giorni e che mi ha dato molto da riflettere. Succede che ad un certo punto vengo contattata su Linkedin da una persona che ha visto i contenuti che scrivo in lungo e in largo per il web, che deve lanciare un prodotto, che ha bisogno di persone che collaborino con il suo progetto e che scrivano, udite udite, in italiano e in inglese. Bello, dico subito io.
La persona si lancia in complimenti che riguardano il mio modo di scrivere, di presentare le cose e, sostanzialmente, di comunicare.
Dopo qualche scambio su Linkedin, la discussione si sposta su email private. A me comincia a sembrare che non si stia parlando del nodo centrale “che tipo di collaborazione è”. Così ad un tratto chiedo spiegazioni, ma la risposta non è certamente quella che mi aspettavo. Mi viene spiegato meglio che, nel caso in cui mi facesse piacere, dovrei (forse sarebbe meglio dire potrei) scrivere dei post in italiano e in lingua inglese, perché il pubblico sarebbe internazionale; mi viene ricordato che, sempre nel caso in cui mi facesse piacere, potrebbe essere una bella avventura. Comunque questa cosa l’avevo già capita.
Così rispondo, un po’ più chiaramente, che a me fa piacere (visto che c’è tanto interesse per il mio status psicologico nei confronti di questa cosa) e chiedo apertamente quali sono i termini di questa collaborazione, visto che stiamo parlando di un’operazione commerciale, volta a pubblicizzare un prodotto. Silenzio.
Non ho più ricevuto risposte.
Ora, magari è un caso. Hanno chiuso il progetto o hanno pensato che non fossi poi così felice di collaborare con loro, ma questa cosa mi ha fatto riflettere.
E’ chiaro, su Linkedin e sui vari portali dove scrivo di me, che i contenuti non li scrivo solo esclusivamente perché mi fa piacere, questo in fondo (e neanche tanto) è il mio mestiere. Mi fa piacere scrivere su Matte da Leggere, ma quel blog è stato fatto per il piacere personale di due persone (me e Carla) che volevano scrivere della propria passione. Sulle cose mie posso fare quello che voglio, anche scrivere aggratis (aggratis mi aggrada). E questo non vuol dire che su una cosa propria, fatta per passione, non si possa costruire anche un business plan che vada avanti nel tempo.
Certamente se il business plan ce lo hai tu per un progetto commerciale non puoi chiedere di fare qualcosa di gratis chiamandola collaborazione.
Comunque è stato un piacere. Ci hai provato.
Mari