Ogni posto è adatto al mio ufficio mobile, soprattutto se voglio fare le cose con i miei amici anche nei giorni in cui ho scadenze, o per riuscire a lavorare in quei giorni in cui a casa non ci voglio stare e in ufficio nemmeno.
Così, per concentrarmi un pochino di più, quando ho bisogno di quel silenzio che non si trova in ufficio e nemmeno a casa mia, dove Newton è sempre pronto a prendere a morsi uno dei suoi giocattoli suonanti, ho scoperto le possibilità che ci sono in città.
Perché se andando in giro ogni panchina può essere adatta per finire di scrivere un comunicato, inviare una mail, ridefinire un testo, aggiornare una pagina Facebook, ci sono delle cose che vanno fatte e studiate con la giusta quiete, dentro e fuori.
Cosa c’è di meglio di una biblioteca civica allora? Quando ero all’università mi era capitato di frequentarle delle biblioteche, universitarie per lo più, ma adesso mi sono spostata in un luoghi in cui il silenzio regna sovrano e dove riesco ad isolarmi per bene per tre o quattro ore, riuscendo a fare quello che solitamente faccio nel doppio del tempo.
E allora evviva l’ufficio mobile. Ormai lo zaino che mi porto dietro è completamente distrutto. Lo avevo ricevuto ai tempi in cui vivevo a Torino e avevo partecipato, come volontario, ai test events che precedevano le Olimpiadi invernali del 2006. Adesso è diventato ancora più comodo, perché anche se lo chiudo con una cerniera, di fatto è sempre aperto per un buco che ha al centro. Ma funge, e quindi per ora non lo cambiamo.
Cosa ci porto dentro? A parte il computer e il suo caricatore, ci sono duemila fili per altrettanti disponibili che vanno ricaricati e che mi porto sempre dietro, fazzoletti di carta come se non ci fosse un domani, post it, fogli con elenchi di cose da fare, fogli da scrivere con elenchi di cose da fare, agende (ne ho due in questo momento e comincio a non capire perché), penne, evidenziatori e, se mi ricordo, anche una buona scorta di caramelle. Poi sono a posto e posso spostarmi di biblioteca in biblioteca.
Qui dentro c’è un mondo. Ci sono gli studenti universitari che preparano gli esami, quelli che vengono a scrivere le loro tesi, dottorandi o dottori di ricerca che consultano i libri o che leggono i loro per approfondire gli studi. Non si sente quasi niente, se non il rumore di qualcuno che strappa un foglietto di carta, del mio piede che si dimentica di essere in un luogo silenzioso e che comincia a muoversi per terra al ritmo della musica che c’è sparata nelle mie orecchie e che posso sentire solo io.
Diciamo che di tanto in tanto non è proprio male.
Mari